Ansia e Depressione: Perché "Stare Meglio" Non Basta. La mia analisi, il giorno dopo la Giornata Mondiale della Salute Mentale.
L'altroieri, come ogni anno, abbiamo celebrato la Giornata Mondiale della Salute Mentale. Oggi, a riflettori spenti, è il momento dell'analisi. I numeri dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sono un monito severo: oltre un miliardo di persone non possiede una salute mentale e, tra queste, quasi 700 milioni che soffrono di disturbi depressivi e ansiosi non riescono a ritrovare un benessere completo.
Molti pazienti, nonostante le cure, non guariscono davvero. Si sentono dire "stai meglio di prima", ma la loro vita resta limitata. La prigione della malattia mentale allarga i suoi confini ma non scompare. Se questo può essere comprensibile in alcune patologie psicotiche, è inaccettabile per i disturbi d'ansia e depressivi.
Dopo oltre trent'anni di pratica clinica e ricerca, ho identificato due ostacoli fondamentali che impediscono a milioni di persone di tornare a essere libere.
1. Il primo ostacolo: La crisi della diagnosi
Il primo problema è una diffusa superficialità diagnostica, che nasce da una carente conoscenza della psicopatologia. Ci nascondiamo troppo spesso dietro etichette vaghe come la "Sindrome Ansioso-Depressiva", una non-diagnosi che si traduce in terapie generiche e poco efficaci. Il risultato? Persone che stanno "meno peggio", ma non certo bene.
La realtà clinica è più complessa e richiede una distinzione netta:
2. Il secondo ostacolo: Terapie generiche e non personalizzate
Anche quando la diagnosi è corretta, la scelta della terapia si rivela spesso problematica. Troppo frequentemente, le decisioni non si basano su solide evidenze scientifiche. Vengono proposte combinazioni di farmaci non validate, dosaggi errati per tempi inadeguati, o interventi psicoterapeutici troppo generici e poco focalizzati.
La vera svolta terapeutica risiede nell'integrare la scienza con l'esperienza clinica per creare un progetto terapeutico personalizzato: una terapia costruita su misura per "quella" specifica persona, massimizzando le possibilità di raggiungere il 100% del benessere.
Affrontare le obiezioni: Realismo contro Rassegnazione
So che queste parole possono suonare dure o, peggio, astratte. Sento già le obiezioni, del tutto legittime, di molti colleghi in prima linea.
La via d'uscita: Un nuovo patto terapeutico
La soluzione, dunque, non è solo tecnica, ma profondamente umana. Si fonda su tre pilastri inscindibili:
Il nostro obiettivo come clinici non può limitarsi a un miglioramento parziale. Dobbiamo puntare al benessere completo, perché solo quello può spalancare di nuovo la porta alla libertà e all'autodeterminazione. È un traguardo difficile, e dobbiamo avere l'onestà di ammettere che, in alcuni casi, purtroppo, anche il massimo sforzo potrebbe non bastare. Ma non possiamo permetterci di partire con un obiettivo più basso.